COMUNICATO STAMPA (Roma, 18 giugno 2021) – Il 19 giugno si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti armati, voluta dalle Nazioni Unite per combattere questo crimine brutale, che colpisce principalmente donne e ragazze, ma che viene perpetrato anche contro uomini e ragazzi.
Nel suo ultimo rapporto su questo dramma (qui disponibile in versione inglese), il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha ricordato l’importanza della Risoluzione 1325 (2000), la prima risoluzione in assoluto che menziona esplicitamente l'impatto della guerra sulle donne ed il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole.
La pandemia, purtroppo, ha messo in evidenza l’insufficienza dei progressi raggiunti, spesso a fatica, in questo campo e ha amplificato la disuguaglianza di genere, che spesso è una delle cause alla radice della violenza sessuale nei conflitti armati, ma anche in tempo di pace. Come ha rimarcato Guterres, quanto accaduto in Etiopia, durante il conflitto nel Tigray, testimonia come la violenza sessuale sia ancora utilizzata come “una tattica di guerra e tortura” in quei contesti in cui si sovrappongono crisi umanitaria e di sicurezza.
Sebbene molti sforzi in questo senso siano stati fatti, come la creazione di un apposito ufficio del Segretariato Generale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale associata a situazioni di conflitto e di un network di agenzie internazionali impegnate su programmi paese specifici, il fenomeno continua di fatto ad essere sottostimato, complice anche il senso di vergogna che impedisce alle vittime e ai sopravvissuti di denunciare quello che hanno subito, rendendo di conseguenza molto difficile la raccolta dei dati per ogni teatro di conflitto.
A livello internazionale sempre più si sta rafforzando un movimento di opinione, nato dalla società civile, per contrastare in tutti i modi possibili questo crimine e per sostenere le vittime da esso causate; in Italia le attività in questo senso sono coordinate dalla “Campagna Italiana contro lo stupro e la violenza sessuale nei conflitti – Stop Rape Italia”.
“Lo stupro di guerra una delle tante forme con cui la violenza si abbatte sui civili durante i conflitti e un crimine brutale” – afferma Giuseppe Castronovo, Presidente Nazionale dell’ANVCG. “L’ANVCG, già dagli anni ‘50 si è impegnata in questo campo, promuovendo il riconoscimento di un risarcimento alle vittime di stupro durante il secondo conflitto mondiale, per troppo tempo disconosciute nei loro diritti. E’ anche grazie a questo impegno che si è giunti alla decisione con cui, nel 1987, la Corte Costituzionale ha riconosciuto questo diritto al risarcimento, un precedente che auspico possa ripetersi in tutti i paesi del mondo. Con questo spirito l’ANVCG ha aderito alla campagna “Stop Rape Italia”, nella ferma convinzione che la violenza sessuale nei conflitti sia una minaccia per la sicurezza collettiva e un’onta per l’umanità”.