La Giornata mondiale contro le mine ci rammenta dei progressi fatti finora nello smaltimento degli ordigni bellici inesplosi e al tempo stesso di quanto ancora rimanga da fare.
Esattamente trent’anni fa, attivisti delle società civile si unirono per lanciare la Campagna mondiale per vietare le mine. Nel giro di cinque anni, la relativa Convenzione fu aperta alla firma dei contraenti. Oggi, più di 160 Stati hanno firmato la Convenzione e le mine sono divenute inaccettabili su scala quasi universale.
Sono state distrutte oltre 55 milioni di mine, più di 30 Paesi nel mondo sono stati dichiarati liberi da mine, con una drastica diminuzione delle vittime. Tuttavia il mondo è ancora pieno di mine in stoccaggio e in più di 50 Paesi si registra ancora la presenza di queste armi letali. Mine, ordigni bellici inesplosi e improvvisati continuano a uccidere o ferire migliaia di persone ogni anno, molti dei quali bambini.
Occorre fare di più per tutelare coloro che vivono esposti al rischio di questi ordigni, da Siria, Somalia e Afghanistan fino a Myanmar, Cambogia e ancora oltre. In Ucraina, il lascito di un solo mese di guerra - nella forma di ordigni inesplosi, mine e munizioni a grappolo - si tradurrà in decenni di lavoro, con la minaccia a vite umane che durerà ben oltre la fine del conflitto. Già oggi, essi limitano gli aiuti umanitari di emergenza e impediscono alle persone di fuggire in salvo.
Chiedo a tutti gli Stati di accedere alla Convenzione senza ulteriori ritardi. I membri permanenti del Consiglio di Sicurezza in particolare hanno una speciale responsabilità. L’azione contro le mine rappresenta un investimento in umanità, un prerequisito per gli sforzi di soccorso umanitario e il fondamento di una pace durevole e di uno sviluppo sostenibile.
In questa Giornata, costruiamo sui progressi fatti in passato e liberiamo il mondo dalla piaga delle mine una volta per tutte.