Si è molto parlato negli ultimi mesi del “reddito di cittadinanza”, che assume il nome di “pensione di cittadinanza” per coloro che non sono più in età lavorativa. Il decreto-legge che ha, dopo tante discussioni, istituito questa nuova forma di sostegno ai cittadini bisognosi non si limita a questo, ma introduce anche tutta una serie di innovazioni normative nell’ambito dello stato sociale e della previdenza, come la cosiddetta “quota 100” e la proroga dell’APE sociale.
Non appena il decreto-legge è arrivato in Parlamento per l’iter di conversione in legge, l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra si è subito attivata per far sì che, nell’attuare queste nuove misure, sia tenuto nella giusta considerazione il carattere peculiare delle pensioni di guerra – atto risarcitorio per esplicita disposizione di legge – e che siano garantiti a pieno i diritti dei suoi titolari.
Sappiamo infatti che in passato non sempre questo è avvenuto proprio nei confronti dei provvedimenti di sostegno ai più bisognosi: ci sono state infatti norme (ad es. in relazione all’assegno sociale) e interpretazioni (ad es. in relazione all’ISEE) che hanno ingiustamente danneggiato i pensionati di guerra, considerando i loro trattamenti come se fossero redditi. Questo viola il principio fondamentale su cui si basa tutto il testo unico sulle pensioni di guerra, che le riconosce esplicitamente come un “atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto”.
Come diretta conseguenza, in virtù di questa loro natura risarcitoria, ai sensi dell’art. 5 della legge 8 agosto 1991, n°261, i trattamenti pensionistici di guerra “non costituiscono reddito. Tali somme sono, pertanto, irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali ed in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefici economici e assistenziali”, con l’unica immotivata eccezione dell’assegno sociale.
Purtroppo nemmeno una così esplicita e chiara norma è stata sufficiente a garantire i diritti dei pensionati di guerra e questo ha spinto l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra ha chiedere un’audizione presso l’11a Commissione del Senato (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) , che è quella competente ad esaminare il provvedimento sul reddito di cittadinanza.
L’audizione ha avuto luogo il 5 febbraio e in tale sede l’Associazione ha evidenziato la stretta connessione tra la natura dei trattamenti pensionistici di guerra e la loro irrilevanza ai fini della concessione di qualunque beneficio legato al reddito, sottolineando il valore non solo materiale ma anche morale della funzione risarcitoria che li contraddistingue.
Sulla base di questo fondamentale principio, l’Associazione ha chiesto che:
- sia chiarito senza margine di equivoco o interpretazione che nel reddito da considerare ai fini dell’accesso al “reddito di cittadinanza” non debbano in alcun modo essere considerati i trattamenti pensionistici di guerra;
- nel calcolo dell’ISEE, che è uno dei cardini nella valutazione della situazione patrimoniale dei richiedenti il “reddito di cittadinanza”, siano escluse le pensioni di guerra indirette, fino ad oggi indebitamente e illegittimamente considerate;
- venga colta l’occasione per dichiarare finalmente l’irrilevanza di tutti i trattamenti pensionistici di guerra ai fini della concessione dell’assegno sociale, al pari di quanto già oggi accade con le pensioni a favore degli ex-deportati, dei perseguitati politici e razziali e con l’assegno vitalizio ai combattenti della guerra 1915 – 1918, tutte prestazioni aventi la medesima natura risarcitoria.
Nel momento in cui si scrive non è ancora dato di sapere se queste rivendicazioni saranno accolte nel testo finale del provvedimento sul “reddito di cittadinanza”. Auspicando che ciò avvenga, l’audizione va in ogni modo considerata un fatto molto positivo, perché ha comunque consentito di portare all’attenzione di questo Parlamento, così rinnovato nei suoi componenti, un questione di estrema importanza per tutti i pensionati di guerra, specialmente quelli che si trovano in stato di indigenza.