Com'è noto, la legge garantisce il diritto a un congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave per un massimo di due anni, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, arriva fino ai parenti e affini di terzo grado.
Originariamente la legge aveva previsto che, ai fini dell’ottenimento del congedo, dovesse verificarsi la preesistente convivenza dei figli con il soggetto da assistere.
Con la sentenza n.232 del 7 dicembre 2018 la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima tale condizione e ha stabilito che il congedo deve essere concesso anche ai figli che al momento della richiesta non convivano con il genitore disabile, essendo sufficiente che tale convivenza si realizzi nel periodo di fruizione del congedo stesso. E' però necessario che non vi siano altri partenti conviventi in grado di richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l’ordine determinato dalla legge (coniuge, padre, madre, altri figli, fratelli o sorelle).
Con la circolare n.49 del 5 aprile 2019, l'INPS ha fornito le indicazioni applicative di questa importante sentenza della Consulta e ha specificato che "ai fini della valutazione della spettanza del diritto al congedo in favore del figlio non convivente, il richiedente è tenuto a dichiarare nella domanda, sotto la propria responsabilità ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445/2000, che provvederà ad instaurare la convivenza con il familiare disabile in situazione di gravità entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e a conservarla per tutta la durata dello stesso", demandando poi alle strutture territoriali competenti la verifica del rispetto di tale impegno.